Il trionfo di Clelia, Vienna, van Ghelen, 1762

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Camere interne destinate a Clelia in un real palazzo suburbano, situato fra le sponde del Tevere e le radici del Gianicolo ed occupato da Porsenna in occasione dell’assedio di Roma.
 
 CLELIA sedendo pensosa appoggiata ad un tavolino, la quale si turba nel veder TARQUINIO venire a lei
 
 CLELIA
 Come! Oh ardir temerario! (Esce Tarquinio e Clelia s’alza) E chi ne' miei
 reconditi soggiorni a te permette
 d'inoltrarti o Tarquinio?
 TARQUINIO
                                               Un breve istante... (Con sommissione affettata)
 CLELIA
 Ogn'istante è un oltraggio.
5Parti.
 TARQUINIO
              Ascoltami solo.
 CLELIA
                                           Il chiedi invano.
 Qui nel campo toscano
 Clelia è ostaggio e non serva. Onde se nulla
 ti cal della mia gloria, almen rispetta
 la ragion delle genti.
 TARQUINIO
                                        E in che l'offendo?
 CLELIA
10Orribile a tal segno
 de' Tarquini la fama a noi s'è resa,
 che sol la lor presenza è grande offesa.
 Parti. (Siede)
 TARQUINIO
               Ah Sesto io non son.
 CLELIA
                                                      Sei dell'istessa
 velenosa radice
15tralcio sospetto.
 TARQUINIO
                                Assai diverso. Io t'offro
 non solo il cor d'amante
 ma di consorte ancor la destra.
 CLELIA
                                                          Ignori
 forse che Orazio ha la mia fede in pegno?
 Per voi dunque a tal segno
20è volgar debolezza
 ogni sacro dover?
 TARQUINIO
                                   Ma Clelia in faccia
 all'offerta d'un trono
 ogni ostacolo è lieve.
 CLELIA
                                        E chi d'un trono
 è il generoso donator?
 TARQUINIO
                                           Son io.
 CLELIA
25Tu puoi donarmi un trono! E quale?
 TARQUINIO
                                                                    Il mio.
 CLELIA
 Il tuo!
 TARQUINIO
               Sì quel di Roma
 mia suddita a momenti.
 CLELIA
 Suddita Roma ad un Tarquinio! Or senti. (S’alza)
 Pria risalir vedrai
30il Tebro alla sua fonte, in Oriente
 prima il dì tramontar che al giogo indegno
 torni Roma di nuovo; e quando ancora
 per crudeltà del fato
 serva tornasse alla catena antica,
35morrà libera Clelia e tua nemica.
 TARQUINIO
 (E pur mia diverrà). Non ben s'accorda
 con quel dolce sembiante
 sì feroce pensier. Clelia adorata
 se questo cor vedessi...
 CLELIA
40Non più.
 TARQUINIO
                    Forse il cor mio...
 CLELIA
                                                      Ma con qual fronte
 m'offri il tuo cor! Promesso
 a Larissa non è?
 TARQUINIO
                                 Di stato o cara
 la barbara ragione il genitore
 m'ha nella figlia a lusingar forzato.
45Ma la ragion di stato
 sugli affetti non regna. Io Clelia adoro;
 odio Larissa; e di Larissa il volto
 a paragon delle tue luci belle...
 CLELIA
 Con lei ti spiega; ecco Larissa.
 TARQUINIO
                                                         (Oh stelle!)
 
 SCENA II
 
 LARISSA e detti
 
 TARQUINIO
50Qual fausto amico nume
 m'offre il fulgor della mia bella face!
 Principessa! Idol mio!
 CLELIA
                                           (Che cor fallace!)
 LARISSA
 Il sacro nodo ancora
 non ne stringe o Tarquinio; e troppo è questa
55amorosa favella
 sollecita per noi.
 TARQUINIO
                                 Deh non sdegnarti
 se gli affetti loquaci
 ribelli al mio dover...
 LARISSA
                                         Gli affrena e taci.
 TARQUINIO
 
    Sì tacerò se vuoi;
60rispetto i cenni tuoi;
 ma so che chi m'accende
 intende il mio tacer.
 
    Peno tacendo è vero;
 ma nel penar contento
65penso che il mio tormento
 almeno è suo piacer. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CLELIA e LARISSA
 
 CLELIA
 Vedesti o principessa
 giammai più rea temerità? Nemico
 qui presentarsi a me! Parlar d'affetti
70alla sposa d'Orazio! A me la destra
 offrir promessa a te! Ma come oh dio
 il tuo gran genitor ch'è de' monarchi
 e l'esempio e l'onore arma e sostiene
 tanta malvagità? Come, ah perdona
75la libertà di chi t'ammira e t'ama,
 con tal compagno allato
 come viver potrai? Come nel seno
 potrà destarti amore...
 LARISSA
 Clelia ah non più; tu mi trafiggi il core.
80Io dell'amor paterno, io d'un reale
 magnanimo riguardo, io sono amica
 la vittima infelice.
 Porsenna è padre e re; re, de' regnanti
 le ragioni in Tarquinio
85generoso sostien; padre, alla figlia
 amoroso procura
 un trono assicurar.
 CLELIA
                                     Che giova il trono
 con un Tarquinio?
 LARISSA
                                     Ah non è noto il nero
 suo carattere al padre. Al padre in faccia
90si trasforma il fallace. E il volto a' suoi
 fraudolenti disegni
 ubbidisce così che su quel volto
 modestia l'ardimento,
 l'odio amistà si crede,
95la colpa è merto, il tradimento è fede.
 Felice te che d'amator sì degno
 puoi vantarti in Orazio!
 CLELIA
                                              È ver; ma intanto
 la mia Roma è in periglio; ancor lo sposo
 per lei qui nulla ottiene; ostaggio io sono
100in un campo stranier; cinta mi trovo
 dall'insidie d'un empio; e san gli dei
 a quale infame eccesso
 non potrebbe un Tarquinio... Ah non ignori
 Orazio i rischi miei; scambievol cura
105è la gloria d'entrambi. Addio.
 LARISSA
                                                        T'arresta.
 Se cerchi Orazio, io so che a te fra poco
 qui dee venir. Seco ragiona; a lui
 confida i tuoi timori; in due diviso
 ogni tormento è più leggiero. Oh dio!
110Così potessi anch'io
 fidare a chi l'accende
 tutto il mio core!
 CLELIA
                                  Ama Larissa!
 LARISSA
                                                             Il labbro
 ah fu del mio segreto
 negligente custode. Amo e severa
115a tacer mi condanna
 la legge del dover. Legge tiranna!
 
    Ah celar la bella face
 in cui pena un cor fedele
 è difficile, è crudele,
120è impossibile dover.
 
    Benché in petto amor sepolto
 prigioniero contumace
 frange i lacci e fugge al volto
 con gli arcani del pensier. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 CLELIA e poi ORAZIO
 
 CLELIA
125Io più pace non ho; tutto m'ingombra
 di timor, di sospetto; ove mi volgo
 ho presente Tarquinio. Il violento
 superbo suo carattere, i recenti
 atroci esempi, il mio presente stato...
 ORAZIO
130Clelia...
 CLELIA
                 Ah sposo adorato
 partiam.
 ORAZIO
                    Come! Perché?
 CLELIA
                                                  Tutto saprai;
 partiam.
 ORAZIO
                    Spiegati almen.
 CLELIA
                                                   Qui mal sicura
 è la tua Clelia. Osò Tarquinio in queste
 stanze inoltrarsi; osò scoprirsi amante.
135Troppo esposta io qui sono;
 tu conosci i Tarquini... Ah non perdiamo
 caro i momenti. Andiam.
 ORAZIO
                                                 Fermati e calma
 bella mia speme il tuo timor. Che mai
 può un esule tentar?
 CLELIA
                                        M'ama...
 ORAZIO
                                                           Che t'ami;
140e un disprezzato amore
 l'affligga e lo punisca.
 CLELIA
                                          A lui vicino
 riposo io non avrei. Si parta.
 ORAZIO
                                                      Ah taci.
 Non si può; non si dee. Qui tu sei pegno
 della publica fé. L'unica io sono
145speme qui della patria. A queste cure
 convien che ceda ogn'altra cura.
 CLELIA
                                                            Ingrato!
 Scopri un rival; mi vedi
 esposta alle sue frodi; in rischio sei
 di perdermi per sempre; e sì tranquillo
150né men cangi colore! E poi son io
 l'unico tuo pensiero,
 il tuo ben, la tua fiamma... Ah non è vero.
 ORAZIO
 Sposa or m'ascolta. Io non amai, non amo
 né son d'amar capace altro sembiante
155che quel della mia Clelia; adoro in lei
 la bell'alma, il bel volto, i bei costumi;
 per lei, lo giuro ai numi,
 mille vite darei; ma... non sdegnarti,
 Clelia cede alla patria. È Roma il sacro
160nostro primo dover. Se Orazio ingrato
 potesse un solo istante
 sì gran madre obbliar, per Clelia a lei
 se scemasse un sostegno,
 saria di Clelia istessa Orazio indegno.
 CLELIA
165Oh magnanimo! Oh vero
 figlio di Roma! Il tuo parlar m'inspira
 tenerezza e valor; perdona, a torto
 di tua fé dubitai.
 T'imiterò; m'avrai
170sposa degna di te. Sull'orme illustri...
 
 SCENA V
 
 MANNIO e detti
 
 MANNIO
 Amico ha il re desio
 or or di favellarti.
 ORAZIO
                                   Eccomi. Addio.
 
    Resta o cara e per timore
 se tremar mai senti il core,
175pensa a Roma e pensa a me.
 
    È ben giusto o mia speranza
 che t'inspirino costanza
 la tua patria e la mia fé. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 CLELIA e MANNIO
 
 CLELIA
 Prence. Un istante...
 MANNIO
                                        Io deggio
180seguir...
 CLELIA
                  Lo so; ma dimmi sol se resta
 qualche speranza a Roma.
 MANNIO
                                                  Assai potreste
 ottener da Porsenna. È grande, è giusto;
 ma si fida a Tarquinio.
 CLELIA
                                             E alcun di voi
 non sa disingannarlo!
 MANNIO
                                          È questa appunto
185l'unica cura mia; ma qualche prova
 cerco di sua perfidia. A tale oggetto
 un'anima venal simile a lui
 vinsi con l'oro. È di quel cor malvagio
 l'arbitra questa e i più riposti arcani
190a me ne scoprirà. Solo ah pavento
 che la bella Larissa
 nel cor del genitor sposa il difenda.
 CLELIA
 Vano timor. Larissa
 l'abborre, lo detesta.
 MANNIO
                                        È vero?
 CLELIA
                                                         È vero.
195Va', siegui Orazio.
 MANNIO
                                    Ah dunque un fido amante
 di riscaldar quel freddo cor potrebbe
 forse sperare ancor.
 CLELIA
                                       Va'; ti consola;
 non hai rival Tarquinio;
 non è freddo quel cor.
 MANNIO
                                           Deh...
 CLELIA
                                                         Tu ragioni
200e Orazio s'allontana.
 MANNIO
                                        È ver. (In atto di partire)
 CLELIA
                                                      M'avverti
 Mannio se qualche frode
 giungi a scoprir.
 MANNIO
                                 Se v'è per me speranza,
 seconda o Clelia un puro amor verace.
 CLELIA
 La mia Roma io ti fido.
 MANNIO
                                             Io la mia pace. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 CLELIA sola
 
 CLELIA
205Grazie o dei protettori, è vostro dono
 questa pace ch'in petto
 mi rinasce improvvisa. Io già risento
 del valor dello sposo,
 del gran genio di Roma
210gli eroici inviti e li secondo. Io miro
 con disprezzo ogni rischio; e non pavento
 che possano atterrarmi
 la perfidia o il furor, l'insidie o l'armi.
 
    Tempeste il mar minaccia;
215l'aria di nembi è piena;
 ma l'alma è pur serena,
 ma disperar non sa.
 
    In caso sì funesto,
 a tanti rischi in faccia,
220un bel presagio è questo
 di mia felicità. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
  Logge reali dalle quali si scuopre tutto l’esercito toscano attendato sulla pendente costa dell’occupato Gianicolo.
 
 PORSENNA, MANNIO, indi ORAZIO
 
 MANNIO
 Signor pronto al tuo cenno
 è il romano orator.
 PORSENNA
                                     Venga; e frattanto
 altri qui non s'appressi. (Parte Mannio)
225Ah se vincer potessi
 dell'ostinata Roma
 la feroce virtù, senza che il sangue
 ne scemasse la gloria,
 quanto bella saria la mia vittoria!
 ORAZIO
230Ha deciso Porsenna?
 Siam seco in pace o si ritorna all'armi?
 PORSENNA
 Da te dipenderà.
 ORAZIO
                                  Libera è Roma
 se dal mio voto il suo destin dipende.
 PORSENNA
 Siedi. (Che bell'ardir!) (Siede)
 ORAZIO
                                              (Che dirmi intende?) (Siede)
 PORSENNA
235Orazio, i nostri voti
 non si oppongon fra lor. Tu la tua Roma
 ami; io l'ammiro. È il tuo maggior desio
 la sua felicità; la bramo anch'io.
 Fabbrichiamola insieme. A sì bell'opra
240son dannosi compagni
 la ferocia, il dispetto e l'odio antico.
 Qui l'amico fra noi parli all'amico.
 ORAZIO
 Bramare altra i Romani
 felicità non sanno
245che la lor libertà.
 PORSENNA
                                  Che cieco inganno!
 Questa che sì t'ingombra
 idea di libertà, credilo amico,
 non è che una sognata ombra di bene.
 Son varie le catene
250ma servo è ognun che nasce. Uopo ha ciascuno
 dell'assistenza altrui. Ci unisce a forza
 la comun debolezza; ed a vicenda
 l'un serve all'altro. Io stesso, Orazio, io stesso
 re, monarca qual sono
255sento le mie catene anche sul trono.
 Vorran da questa legge a cui soggiace
 tutta l'umanità forse i Romani
 sol pretendersi esenti?
 ORAZIO
 Agli affetti privati
260non mai d'un solo, alla ragion di tutti
 esser vogliam soggetti.
 PORSENNA
 Son liberi d'affetti
 forse quei tutti? E di ragione è privo
 forse quel solo? Esci d'error; fra noi
265perfezion non v'è. L'essere uniti
 è necessario; e il necessario nodo
 onde è ognuno ad ognun congiunto e stretto,
 quanto semplice è più, meno è imperfetto.
 ORAZIO
 Ma che mai da codesti
270dotti principi tuoi
 che mai speri dedur? Forse che serva
 Roma sarà felice? Esci tu stesso
 esci d'error. Fra le vicende umane
 l'esperienza è sempre
275condottrice men cieca
 che l'etrusca, la greca
 o l'egizia dottrina. A noi per prova
 è noto e non a te se de' Tarquini
 sia soffribile il giogo. È infranto; e mai
280mai più nol soffrirem. D'un tal solenne
 e publico voler vindici sono
 tutti gli dei da noi giurati. A morte
 là destinato è ognuno
 che sogni servitù. Qual sangue ha tinto
285già la scure paterna
 ignorar tu non puoi. Roma non vanta
 un Bruto sol; tutti siam pronti in Roma
 a rinnovar per somigliante eccesso
 sulla testa più cara il colpo istesso.
 PORSENNA
290Ma se voi non convince
 altra ragion che l'armi,
 ad onta del mio cor dovrò felici
 rendervi a forza.
 ORAZIO
                                 A forza! Ah tu non sai
 Porsenna ancor quanto l'impresa è dura. (S’alza)
295Tutto fra quelle mura
 è libero e guerrier. Là quanto ha vita
 fino al respiro estremo
 quel ben difenderà che tu contrasti.
 Non v'è poter che basti
300popoli a soggiogar concordi, invitti,
 d'ardir, di ferro e di ragione armati.
 E se scritto è ne' fati
 che abbia Roma a cader, cadrà; ma i soli
 trofei saranno, onde superbo ornarti
305di fronda trionfal potrai le chiome,
 le ceneri di Roma, i sassi e il nome.
 PORSENNA
 Dove?
 ORAZIO
                A Roma.
 PORSENNA
                                  Ah t'arresta. (S’alza)
 ORAZIO
                                                           A che? Spiegasti
 assai l'animo avverso.
 PORSENNA
                                           Ingiusto sei.
 Ne' miei nemici ancora
310il valor m'innamora.
 ORAZIO
 E ad opprimerlo intanto...
 PORSENNA
                                                  Orazio invitto
 basta per or. Nel violento eccesso
 d'un ardor generoso
 che ti bolle nell'alma or ti confondi.
315Calmalo; pensa meglio; e poi rispondi.
 
    Sai che piegar si vede
 il docile arboscello,
 che vince allor che cede
 de' turbini al furor.
 
320   Ma quercia che ostinata
 sfida ogni vento a guerra
 trofeo si vede a terra
 dell'austro vincitor. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 ORAZIO e poi TARQUINIO
 
 ORAZIO
 Che più pensar? La libertà di Roma
325viva sui nostri acciari; o sia sepolta
 sotto illustri ruine. (In atto di partire)
 TARQUINIO
                                      Orazio, ascolta.
 ORAZIO
 Che vuoi? (Guardandolo con fierezza)
 TARQUINIO
                       Teco parlar.
 ORAZIO
                                               Fra noi con l'armi
 si parla sol. (In atto di partire)
 TARQUINIO
                         Sentimi.
 ORAZIO
                                            No. (Come sopra)
 TARQUINIO
                                                      Di pace
 un vantaggioso patto
330vengo a propor.
 ORAZIO
                                Tu!
 TARQUINIO
                                         Sì.
 ORAZIO
                                                 Parla; ma troppo
 della mia sofferenza
 non abusarti.
 TARQUINIO
                            (Addormentar vogl'io
 la vigilanza sua).
 ORAZIO
                                  Parla.
 TARQUINIO
                                               Possiamo
 sol che tu voglia all'ire nostre imporre
335un lieto fine.
 ORAZIO
                           E come?
 TARQUINIO
                                             Odimi; e frena
 i tuoi sdegni frattanto. In te, si renda
 ragione al vero, han fabbricato i numi
 un cittadino invitto,
 un eroe generoso; e son tue cure
340sol la gloria e la patria. In me, purtroppo
 tu conosci i Tarquini, han gli altri affetti
 un tirannico impero. Io Clelia adoro...
 ORAZIO
 Che!
 TARQUINIO
             Non turbarti ancora. Io Clelia adoro,
 Roma è l'idolo tuo. Se quella è mia,
345libera è questa. Un picciol fuoco estingui
 tu nel tuo seno; io cederò del trono
 l'ambizioso onore;
 contentiam tu la gloria ed io l'amore.
 ORAZIO
 (Dei! Qual proposta!)
 TARQUINIO
                                          (Al colpo
350attonito rimase). E ben?
 ORAZIO
                                               Ma... come?
 Tu... Porsenna... Larissa...
 TARQUINIO
                                                 Arbitro io sono
 de' dritti miei. Risolvi pur.
 ORAZIO
                                                    Ma prima
 è necessario... Io deggio...
 TARQUINIO
                                                 Orazio intendo.
 Son uomini gli eroi. D'un molle affetto,
355lo so, trionferai;
 ma dei pugnar. Fin che la pugna dura
 ti lascio in libertà. Resta; e sovvienti
 che di Roma il destino
 sol dipende da te. Sarà qual vuoi
360o libera o in catene.
 (Or che immerso è ne' dubbi oprar conviene). (Parte)
 
 SCENA X
 
 ORAZIO e poi CLELIA
 
 ORAZIO
 Che crudel sacrificio
 Roma tu vuoi da me! L'avrai. Saranno
 prezzo gli affetti miei
365della tua libertà. Sarò... Ma dunque
 altro scampo non v'è? Dunque son tutti
 ottusi i nostri acciari? Estinto in noi
 dunque è il natio coraggio. Ah no. Si pugni
 e trionfino in campo
370il valor, la giustizia... Oh dio felici
 sempre in campo non sono
 la giustizia, il valor; né dell'insana
 sorte al capriccio avventurar degg'io
 della patria il destino. E a tal novella
375che mai Clelia dirà? Forza che basta
 ben mi sent'io nel sen; ma il suo dolore
 mi sgomenta, m'opprime. In questo istante
 in faccia a lei d'articolar parole
 capace io non sarei. (In atto di partire)
 CLELIA
380Sposo ove corri?
 ORAZIO
                                 (Onnipotenti dei!)
 CLELIA
 Parlasti al re?
 ORAZIO
                            Parlai.
 CLELIA
                                           Deh non tacermi
 che ottenesti da lui.
 ORAZIO
                                       Nulla.
 CLELIA
                                                     Ma dunque
 già perduta è per Roma ogni speranza?
 ORAZIO
 No Clelia. (Guardandola con compassione)
 CLELIA
                      E quale è mai?
 ORAZIO
385Lasciami respirar. Tutto saprai.
 
    Saper ti basti o cara
 che sei, che fosti ognor
 e che il mio solo amor
 sempre sarai.
 
390   Che sempre e in ogni sorte,
 lo giuro a' sommi dei,
 de' puri affetti miei
 l'impero avrai. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 CLELIA sola
 
 CLELIA
 Misera! Ah qual m'asconde
395sventura Orazio! È tenero e confuso,
 tace, sospira e volge altrove il passo!
 Giusti numi assistenza. Io son di sasso.
 
    Mille dubbi mi destano in petto
 quel silenzio, quel torbido aspetto,
400quelle meste proteste d'amor.
 
    Ah fra tanto ben giusto è il mio pianto,
 che sicura non è la sventura
 ma sicuro purtroppo è il dolor.
 
 Fine dell’atto primo